Al Sud vince il familismo cinico

10 04 2008

In un articolo del prof. Carlo Carboni, su “Il Sole24ore” di oggi: limiti e debolezze del mezzogiorno d’Italia.

Di seguito alcuni stralci, qui l’intero pezzo.

Nel Mezzogiorno l’economia è debole e distorta dagli aiuti pubblici “a pioggia” e il mercato politico surroga le debolezze economiche. Tutto questo può essere interpretato come una maliziosa dipendenza del Sud dal Nord, ma poi va considerato che il ceto politico meridionale finisce per influenzare in modo significativo le scelte di quello nazionale. In termini di élite locali, il Sud è dominato da un sistema panpolitico, in cui il governante è anche spesso datore di lavoro, erogatore di concessioni e licenze, di sussidi e quant’altro, e soprattutto è arbitro della gestione e della distribuzione della spesa pubblica mediante reti parentali politicizzate (con famiglie trasversaliste, trasformiste, con esponenti professionisti). Sotto le etichette dei partiti-élite si è formato un ceto politico autoreferenziale e trasformista, che si avvale nell’esercizio dell’autorità di meccanismi clientelari (in un deserto del merito) e della lealtà passiva espressa dal voto clientelare.

Il tema del rinnovamento dei ceti politici meridionali appare un punto cieco della coscienza nazionale che soprattutto i due partiti allo “stato nascente” (Pd e Pdl) dovrebbero affrontare, selezionando e rinnovando i propri ceti politici meridionali. Del resto, la questione non è né di destra né di sinistra: il clientelismo politico fa male al Sud e lo invischia con poteri mafiosi che tengono lontano il mercato economico e tolgono ossigeno al senso civico, impedendo così la crescita: una trappola, con un doppio svantaggio competitivo.

Chi non è d’accordo, alzi la mano.